17 maggio 1944 - SI COSTITUISCE LA XXX^ BRIGATA GARIBALDINA "GAREMI".
dalla ricerca di Giorgio Fin
Nel pianoro intorno alla Malga Campodavanti (foto) il 17 maggio 1944 si sono radunati alcune centinaia di giovani partigiani (circa 400), uomini e donne, in rappresentanza di quasi tutte le formazioni che, nell'Alto Vicentino, si sono costituite traendo la loro origine dal gruppo di Malga Campetto "Fratelli Bandiera".

Sono stati convocati lassù per partecipare alla trasformazione del gruppo in un'unità militare ben strutturata, la Brigata d'assalto "Ateo Garemi" (XXXª Brigata Garibaldi), e per essere così protagonisti nella solenne cerimonia di inaugurazione della sua bandiera. La Brigata prende il nome di un operaio comunista pisano, di Calcinaia, volontario in Spagna contro Franco e poi comandante dei GAP di Torino, fucilato il 23 dicembre 1943.
Essa viene strutturata in due battaglioni, il "Nino Stella" e il "Silvio Apolloni" (chiamati così in onore dei due primi caduti del gruppo) e comprende anche alcuni distaccamenti. Il comando della Brigata è assunto da Attilio Andreetto "Sergio"; il commissario politico è Nello Boscagli "Alberto" ; vicecomandante è Armando Pagnotti "Iura" e vicecommissario Orfeo Vangelista "Aramin".
"Dante" (Luigi Pierobon) e "Pino" (Clemente Lampioni) diventano rispettivamente comandante e commissario del Btg. "Stella", che agisce sui monti di Recoaro e nella Valle dell'Agno, mentre il Btg. "Apolloni" opera nelle Valli del Leogra, dell'Astico e sull'Altopiano.
Molto sentito e applaudito è il discorso che "Alberto" pronuncia in quella occasione. Ne riportiamo alcuni passi significativi:
«Mentre il fascismo sta intensificando la sua propaganda di minaccia di rappresaglia, il popolo italiano sta realizzando la sua unità ed intensificando la lotta per la propria liberazione. Prova di questa affermazione è, che nella zona già liberata si è costituito ora di recente un Governo nazionale al quale fanno parte tutti i partiti e correnti politiche antitedesche e antifasciste; dai liberali ai comunisti; dai monarchici badogliani ai democratici cristiani; dal partito d'azione a quello socialista. Questo fatto unico nella storia del popolo italiano è caratteristico di un popolo che sta lottando per la sua liberazione nazionale. Era giusto ed era necessario che si giungesse a questo. La lotta che noi conduciamo è la lotta del popolo per il popolo intero e perciò si doveva arrivare a questa unità per potere organizzare e convogliare tutte le forze sane della nazione nella lotta definitiva per la liberazione della nostra patria dall'immondo invasore tedesco e dalla barbarie del fascismo [...]
Oggi su queste stesse montagne, dove qualche tempo fa i primi gruppi di ardimentosi garibaldini hanno sostenuto delle battaglie vittoriose contro i fascisti e tedeschi, stiamo organizzando una nuova brigata d'assalto Garibaldi [...] Questa bandiera simbolo dell'unità d'Italia, trascinata nel fango dal fascismo, fu risollevata dai nostri garibaldini e lavata col sangue dei suoi martiri. Essere garibaldini significa libertà ed indipendenza; significa onore e dedizione alla patria [... ]
La popolazione che ci circonda con la sua simpatia dandoci quegli aiuti che sono a portata loro va rispettata e dobbiamo proteggerla contro le angherie e i soprusi dei tedeschi, dei fascisti e delle autorità fasciste [...] Noi siamo i soldati del nuovo esercito italiano e per giunta siamo volontari. È il sentimento nazionale che ci ha spinti a far parte dell'esercito della liberazione [...]
Compagni, il mondo intero ha gli occhi rivolti verso il nostro paese; il popolo italiano spera molto in noi. Dimostriamo con il nostro esempio e con il nostro sacrificio che siamo degni di questa ammirazione [...]».
Fonti:
M.Faggion, G.Ghirardini, N.Unziani, MALGA CAMPETTO, Odeonlibri Ismos, 1989
M.Faggion, G.Ghirardini, FIGURE DELLA RESISTENZA VICENTINA, Odeonlibri Ismos, 1997
G.Zorzanello, BRIGATA STELLA - ARCHIVIO STORICO - Ed. Biblioteca Civ. Valdagno, 1980
Foto:

E’ opportuno ricordare che alla data della formazione nessun aiuto era pervenuto alle formazioni combattenti da parte degli alleati e lo stato giuridico degli stessi era molto incerto in quanto il secondo Governo Badoglio aveva inglobato i sei partiti antifascisti solo un mese prima, ma era ben lontano dal riconoscere come propria emanazione i partigiani combattenti. Sarà necessario attendere la formazione del primo Governo Bonomi per avviare questo riconoscimento.

Dov'era Campodavanti?

La piana si trova sulla dorsale tra Recoaro e Campodalbero, collegata con una mulattiera alla vecchia base di Malga Campetto che era stata resa inagibile dai fascisti dopo la battaglia del 14 febbraio (distrutta la fontana). La Garemi non ebbe mai una base comando fissa e permanente, ma Malga Campodavanti era un buon posto per ritirarsi e fare tappa: a 5 ore di duro cammino da fonte Abelina da dove arrivavano uomini e rifornimenti; con un sentiero verso sud che era un magnifico cammino di ronda da cui penetrare attraverso la dorsale Agno Chiampo fino ad Arzignano; verso Nord altri sentieri la collegavano a Malga Fraselle e alla Lessinia e attraverso i sentieri delle piccole dolomiti a Valli del Pasubio e alla piana di Schio.
I 400 partigiani colà convenuti erano malearmati, di diversa provenienza geografica e politica. Una buona parte aveva scelto la via della montagna in alternativa all'arruolamento volontario nelle formazioni di Mussolini o all'emigrazione forzata in Germania. 
Tutti avevano presente che rischiavano la vita e che lascelta era irreversibili. Dei quattrocento colà convenuti più si un quinto non vide la fine della guerra

La situazione al momento della costituzione della Brigata:
- A sud gli alleati avevano scatenato la quarta battaglia di Cassino che avrebbe portato allo sfondamento della linea Gustav il giorno dopo il giuramento, ma per quel che sapevano i partigiani gli alleati erano stati respinti da gennaio per tre volte.
- Da Nord gli alleati non si decidevano a sbarcare in Francia
- Restava la grande speranza data dall'URSS che a quella data aveva liberato l'Ucraina occidentale e stava raggiungendo il confine rumeno.

Una prospettiva dunque che non faceva pensare ad una guerra breve, visti i sacrifici dei mesi precedenti c'erano da aspettarsi fame, fatica, morti