Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

Lasciamo l'approfondimento della biografia del Lampioni alla pubblicazione presente a questo link Clemente Lampioni.
In questa pagina approfondiamo alcuni elementi sulla sua triste Fine.
Pino si era recato nella bassa padovana da cui proveniva per preparare un colpo simile a quello che la Stella aveva effettuato verso il Ministero della Marina di Montecchio Maggiore. L'obiettivo era la polveriera di Grumolo delle Abbadesse verso la quale vi era stato un tentativo andato a vuoto. Il 2 Luglio con un camion della Recoaro mandano 20 partigiani della Stella verso l'obiettivo; grazie a documenti falsi riescono a superare due posti di blocco, ma nei pressi di Grumolo sono avvertiti che in zona vi è un rastrellamento e tornano indietro.. L'attacco alla polveriera avrebbe fornito non solo alla Stella, ma a gran parte delle formazioni venete quelle munizione che drammaticamente mancavano.
Per l'attacco successivo si pensava a un supporto locale che fornisse una o più basi e in cui si potessero ricoverare eventuali feriti.

Pino, al momento dell'arresto, aveva con se due liste di nominativi di persona da contattare o contattate che riuscì a nascondere e che vennero bruciate dalla moglie.

Una operazione di questa portata non poteva non essere stata portata a conoscenza del CLN di Padova e non poteva non aver avuto l'approvazione. In realtà il CLN di Padova era in grossa crisi e senza contatti con le formazioni combattenti del vicentino; di ciò abbiamo prova dalle memorie di Giorgio Amendola che due settimane dopo si recò a Padova, mandato da Luigi Longo, come ispettore delle Brigate Garibaldi; è perciò probabile che Pino si sia rivolto ad Aronne Molinari che lo aveva manato in montagna. Forse tale contatto non era ancora avvenuto perchè, secondo Mauro Maltauro, era previsto un incontro con un alto dirigente per il 17 agosto 44, giorno della morte di Pino.

Pino tornava dalla bassa padovana dove era andato a verificare lo stato del pattuglione inviato il 23 giugno '44 nel basso vicentino. Si trattava di ben ventun uomini al comando di Cita che partiti dal Civellina si attestano  tra Orgiano, Asigliano e Poiana maggiore. La scarsità di bosco dove rifugiarsi spinge Cita a frazionare gli uomini in tre distaccamenti al comando dello stesso Cita, Visela che opera verso Barbarano e Athos che si sposta ancora più a sud verso Montagnana, fino a Castelbaldo. Dopo due mesi senza contatti diretti Pino sentiva la necessità di un rapporto diretto con questi uomini che poi costituirà il "battaglione pianura" della Stella e, dopo la morte di Lampioni, sarà chiamato "battaglione Piino".  La formazione non era stata correttamente individuata dai fascisti che, non propagandisticamente, la definivano banda di ribelli del padovano. L'arresto di Pino, secondo il Diario della Brigata Stella, avvenne il 4 Agosto, "il Veneto", giornale fascista dà notizia dell'arresto 4-5 giorni dopo. Nell'articolo del giornale viene descritto il suo passato di criminale e descritto come capo di una banda di briganti nella bassa padovana. I fascisti non si erano accorti di aver preso uno dei più valorosi e capaci dirigenti della resistenza veneta e Pino andò alla morte senza nulla dire ne' del suo ruolo, ne' dei suoi contatti, accettato che il suo nome venisse infangato come criminale comune perchè questo avrebbe protetto le sue fonti e linee di comunicazione nella resistenza.

"Dante" partì per Padova l'11 Agosto ed era a conoscenza dell'arresto di Pino, Non sappiamo quali intenzioni avesse, se pensasse di liberare Pino con un colpo di mano alla carceri (che sarebbe forse riuscito per la sorpresa in una Padova spaventata e tranquilla) o più semplicemente verificare i danni conseguenti all'arresto di Pino. Fatto certo è che questa decisione coraggiosa costò la vita anche a Pierobon.

L'arresto e la morte di Pino vanno ascritte a due episodi diversi. Per l'arresto vi fu delazione, ma da quel che cercarono di capire i compagni di Padova, non fu delazione fascista, ma più attinente a ragioni di ordine pubblico, ovvero la presenza di persona sospetta in un ambiente sospetto. La morte va invece imputata a rappresaglia per l'esecuzione del fascista Fronteddu.
Sull'omicidio Fronteddu si sa praticamente tutto: che venne eseguito, per una questione di donne, su ordine di un certo tedesco Martin che pagò i sicari ben 150.000 Lire; questi fatti furono accertati dal Tribuunale Regionale Fascista e i sicari furono fucilati nel settembre '44. Ma sia i fascisti che i tedeschi non potevano imputare dell'assassinio Fronteddu un militare della wermacth, quindi colsero occasione per una pubblica rappresaglia con antifascisti nelle loro mani.