Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

E’ difficile far capire ai giovani l’abisso di abominio assoluto che è stato il nazismo con i morti, gli stermini, le crudeltà. E’ quasi impossibile dare una ragione a tutto questo. Fino al punto che mancando la ragione gli effetti non sembrano credibili o, più semplicemente, la mente si allontana da quello che non può capire.              
Tento allora di dare quelche spiegazione. Non sono valutazioni mie, ma conclusioni ormai raggiunte da storici, antropologi e psicologi.      
              
Il Darwinismo sociale       
Nel 1958 venne presentata L’origine della Specie di Darwin. L’autore diede una mazzata al creazionismo per il quale tutte le specie erano state create come le vediamo ed erano immodificabili. Mentre il mondo si divideva sul piano religioso la borghesia dall’impetuoso sviluppo isolò dalla complessa teoria il concetto di sopravvivenza del più adatto. Ossia che la vita era una lotta ed era naturale che sopravvivesse il più adatto; ciò anche in economia. Con ciò giustificando lo schiacciamento del proletariato e il privilegio del capitale.    
Questo atteggiamento culturale fu diffusissimo nella classe borghese.              
In Germania, per ragioni complesse che non riportiamo, il darwinismo sociale si legò al nazionalismo. Erano gli anni in cui la Germania sotto Bismark aveva unificato i vari Land e creato un impero con alla testa la Prussia. 
Sostanzialmente l’idea era quella che una nazione sarebbe stata sempre aggredita (la guerra era uno stato permanente) e il suo destino era di dominare o essere dominata. Questo non era solo l’atteggiamento delle classi dirigenti tedesche: anche la Francia era sulla stessa lunghezza d’onda. La conclusione della prima guerra mondiale con il durissimo trattato di Versailles confermava nella cultura tedesca il principio di dominare o essere dominati. Un elemento in più era la consapevolezza che l’intesa aveva vinto perché il Regno Unito aveva alle spalle le immense risorse dell’impero.             
              
Non c’è letame abbastanza            
Verso il 1904 alcuni scienziati lanciarono un grido di allarme: I consumi alimentari di cereali impoverivano il terreno dell’azoto necessario alla crescita in misur amaggiore di quanto poteva essere restituito dal letame. All’epoca questa differenza veniva colmata dall’importazione di nitrati dal Cile e dal Perù. Gli scienziati però erano convinti che l’apporto non sarebbe stato sufficiente ed entro pochi lustri una garve carestia si sarebbe abbattuta sull’Europa. La soluzione, nota da secoli, era ricorrere alla rotazione, ossia piantare colture che, come l’erba medica o il trifoglio, grazie ai batteri simbiotici ripristinavano il contenuto di azoto. Ma questo significava calare la produttività dei terreni di almeno il 25%. Da qui si sviluppò l’idea dello Spazio vitale o lebensraum.          
              
Mettendo assieme darwinismo sociale, nazionalismo e spazio vitale maturò negli anni 20 un mix terribile:              
La Germania doveva conquistare il proprio spazio vitale o il suo sviluppo si sarebbe arrestato o addirittura avrebbe regredito             
La guerra era inevitabile e la Germania o dominava o sarebbe stata dominata 
Non esistevano uomini liberi, ma solo popoli liberi e, ovviamente, popoli schiavi           
Il punto 3, paradossalmente in Germania non comportava particolari limitazioni perché la struttura della società rurale (che era maggioritaria nella popolazione) prevedeva ampio autogoverno locale o libertà all’interno di comunità che, tuttavia, erano assolutamente e completamente subordinate alla cultura generale dello stato e alla sua organizzazione politica. Gli scopi dello Stato e dell’imperatore non erano a nessun livello ogegtto di discussione.          
              
Tutto questo mix, indipendentemente dal nazismo e ha Hitler, portava a una logica conclusione:             
Guerra con la Francia e sua sconfitta per avere mano libera sul continente        
Guerra con la Polonia e sua distruzione per aprire la strada alla conquista delle fertili terre dell’Ukraina              
Guerra con l’Unione sovietica e spostamento dei confini almeno fino al Don, distruzione dell’URSS come Stato per non avere rischi da Est.  
Pace con il Regno Unito e, se possibile, evitare la guerra con esso.      
              
A questi fondamentali il nazismo aggiunse un elemento supplementare: il razzismo. Se il darwinismo sociale aveva senso la nazione non poteva identificarsi con lo stato che poteva, come l'Austria, essere multietnico, ma doveva avere delle caratterizzazioni che la distinguessero  dagli altri; questa caratterizzazione era la razza. Una razza pura faceva forte una nazione, la purezza della razza era elemento essenziale per la lotta per la sopravvivenza del pià forte.         
Così la nazione ariana poteva estenderi geograficamente inglobando anche altri popoli, ma all’interno dei nuovi e vecchi confini i dominanti sarebbero stati caratterizzati dalla purezza della razza. Gli ebrei che avevano occupato l’europa centrale dopo la cacciata dalla Spagna sarebbero stati i primi a dover essere eliminati. 
Segnalo che le colpe addossate agli ebrei erano un elemento secondario rispetto alla esigenza selettiva di purificare la razza. Questa spietata esigenza è ben rappresentata dalle affermaziono di Hitler nel “Mein Kampf” relativamente alle persone che non potevano vivere una vita degna:  
“Quanto ai "malati ereditari" si vedevano protetti da una legislazione che in barba a tutte le conquiste della scienza ne permetteva e prescriveva la sopravvivenza, la crescita e la proliferazione. Mentre c'erano famiglie tedesche sane e laboriose che vivevano in stamberghe alcuni paraplegici, trisomici e idrocefali prosperavano in ospizi lussiosi finanziati si dai privati, ma frutto di una legislazione antinaturale in quantocontroselettiva".
 
Questi, che oggi consideriamo deliri, furono accolti con favore da una parte consistente della popolazione tedesca o, in alcuni casi, l’opposizione si limitò a perorare la causa degli invalidi di guerra.          
Tra il 1928, quando fu pubblicato il libro, e il 1939 allo scoppio della guerra ne erano state pubblicate sei milioni di copie che, dal 1933, diventarono libri di testo nelle scuole senza alcuna opposizione, nemmeno in famiglia, dato che Dachau e Dachsenhausen avevano raccolto decine di migliaia di oppositori politici che erano riusciti a sopravvivere agli omicidi di massa attuati dalle SA.     
Quello che voglio segnalare è, però, che il pensiero di Hitler non fu una violanza alla società e alla cultura tedesca, gli elementi erano ben presenti. Hitler fece il capolavoro di raccordare rutta una serie di elementi isolati in un unico mostruoso pensiero e sostenerne la diffusione attraverso una violenza prima inimmaginabile. 
Portiamo un esempio paradigmatico:   Reinhard Hoen  laureato in giurisrudenza aderì nel 33 al partito nazista e alle SS, divenne consigliere giuridico del più grande assassino tedesco (Heydrich) e raggiunse il grsdo di Oberfurer (carica equivalente a quella di generale. Nella sua carriera lo troviamo a programmare lo sterminio di 30 milioni di russi nei territori che dovevano essere occupati dal III Reich. Questo senza alcuna esitazioen morale.            
Nel dopoguerra si riciclò come formatore mettendo su una scuola di management per dirigenti d’azienda nella quale passarono 600.000 dirigenti aziendali della Germania del dopoguerra.        
Nel quadro appena delineato era previsto, almeno nella fase di conquista, che l’ariano svolgesse la funzione di guerriero e di dirigente mentre le funzioni meramente esecutive potevano essere affidate a lavoratori di razze inferiori: schiavi. Schiavi non tanto per le condizioni di vita e levoro che qui verranno descritte quanto per l’irridimibilità della loro condizione. Non era ammissibile che un francese e un italiano che si impegnassero nel lavoro e nella socitò potessero, in Germania, comandare degli ariani. La barriera della razza prevista era ommensamente alta e insuperabile.          
              
Qualche milione di lavoratori coatti.           
              
L’inizio della guerra portò la Germania ad inglobare la Polonia. I prigionieri di guerra non ebbero un trattamento speciale perché tutta la polonia divenne una terra di schiavi e del dolore. I tedeschi si insediarono in capo a tutti i livelli decisionali con una ramificata rete burocratica che prevedeva dai polacchi lavoro, materie prime e donne di piacere o di servaggio.        
La modesta industrializzazione della Polonia non fornì grandi masse di operai se non nelle miniere che divetarono rapidamente inferni di lavoro. Verso la società rurale i tedeschi attuarono una politica di controllo della fame. In Polonia il grano e gli altri cereali  non venivano macinato nei mulini, ma nelle case contadini, al bisogno, con macine manuali. I tedeschi come uno dei primi atti requisirono tutte le macine manuali con pena di morte per chi le conservava. Così per ottenere la farina i conttadini dovevano rivolgersi ai tedeschi che si trattenevano una parte del raccolto.           
In un primo tempo i tedeschi si comprerono il consenso con i soldi, i beni, le proprietà degli esercizi commerciali sottratti agli ebrei, ma questa corruzione finì rapidamente. Le donne, giovani, furono incoraggiate alla prostituzione sia in Polonia che, soprattutto, in Germania. I bordelli tedeschi si riempirono rapidamente di polacche. Dato il carattere cattolico e puritano della Polonia questo orientamento coinvolgeva una minoranza. A questa iniziativa i tedeschi affiancarono quella più attraente di reclutare giovani donne come domestiche per le case dei guerrieri e garzone per le fattorie tedesche.       
La sconfitta della Francia modificò alcuni elementi del sistema.          
Con Norvegia, Danimarca, Cecoslovacchia, Polonia e Francia sotto il proprio dominio la Germania aveva finalmente il controllo delle materie prime necessarie per la guerra. In paricolare il minerale di ferro che prima doveva essere importato dalla Svezia ora poteva provenire dalla regione di Lille. Soprattutto, però, il Reich aveva messo le mani su una capacità produttiva che eguagliava e superava quella del suo immediato nemico: il Regno Unito.    
Qui la politica ideologica del III Reich commise probabilmente un errore: pansò che le armi dovessero essere prodotte solo all’interno della Germania e che i paesi occupati potessero produrre solo beni di consumo che i dominatori avrebbero consumato. Di passaggio ricordiamo che i cambi tra le varie monete erano decisi dalla Germania talchè questo sistema evrebbe dissanguato le economie dei paesi occupati nel giro di due-tre anni, come infatti avvenne.             
Dalla guerra vittoriosa la Germania aveva portato in patria alcuni milioni di prigionieri, circa un milione e mezzo prima dell’aggressione all’URSS.  Nei primi sei mesi di guerra contro l’URSS la Germania fece circa tre milioni e trecentomila  prigionieri, arrivarono ad essere alla fine oltre cinque milioni e mezzo i catturati.
Sui prigionieri di guerra si intrecciarono parecchie logiche non tutte coerenti. Per i francesi catturati e portati in Germania si cercò un utilizzo come operai di lavori pubblici e, nel corso della guerra, furono sempre più impiegati a ripristinare strade e ferrovie devastate dai bombardamenti alleati. La stragrande maggioranza furono tenuti in prigionia in Germania fino alla fine della guerra. La ragione di questa prigionia era un ricatto verso la Francia con cui non si era fatto un trattato di pace, ma solo un armistizio.             
La Francia (non occupata) doveva tra le altre cose pagare onerosissime spese di mantenimento dei tedeschi nella parte occupata. I prigioneiri diventavano ostaggio perché la Francia di Vichy mantenesse gli impegni sottoscritti e, soprattutto, non si impegnasse verso gli alleati.             
Con i prigionieri russi la logica fu diverrsa: ucciderne la maggior parte. Ucciderli per fame. Lo sterminio avvenne per la maggior parte nelle prime settimane di prigionia in cui i prigionieri erano costretti a spostarsi in vere e proprie marce della morte verso i campi di concentramento in Polonia; solo pochi dei sopravvissuti arrivarono in germania dove vennero usati prevelentemente per costruire i campi di sterminio: Alla fine della costruzione chi non era morto veniva ucciso. Alla fine della guerra oltre il 60% dei prigionieri russi aveva perso la vita.             
              
Nella seconda metà del 1941 in Germania si manifestò una crisi di manodopera dovuta al fatto che l’esercito dei guerrieri ariani aveva assorbito la maggior parte della popolazione maschile in età di lavoro. Va qui segnalato che Hitler (e questo fu una precisa responsabilità del dittatore) non volle mai impiegare personale femminile nelle fabbriche. Mentre in UK e in USA le donne combattevano nelle fabbriche per la vittoria (vedi Rosie la rivettatrice, personaggio delle tavole di Rokwell) –per non parlare dell’URSS dove le donne erano i migliori snipers o le Nacht Exen - in Germania le donne al massimo potevano essere impiegate come Hilferinnen (ausiliarie) del fronte interno, in particolare dal 1942 con l’antiaerea e l’aviazione. Era inconcepibile per i nazisti che la donna, grembo di vita, si impegnasse a combattere. 

In conseguenza di ciò il Reich cominciò a reclutare manodopera nei paesi occupati; dapprima femminile, poi agricoltori e infine operai.
La svolta comunque avvenne con la morte del dott. Todt che dirigeva la pianificazione bellica e la sua sostituzione con l’arch. Albert Speer. In conseguenza del suo arrivo il balzo della produttività ebbe del miracoloso. Nel 1944, per fare un esempio, vennero costruiti 44.000 areoplani rispetti ai 12.000 del 1940.              
Sebbene tutti alla fine prendessero atto del miracolo Speer questo non superò gli indici di produttività USA e UK. Sostanzialmente Speer mise ordine nelle satrapie del nazismo e riprese il sistema di direzione-controllo instaurato da Rathenau nella prima guerra mondiale e abbandonato da Todt perché Rathenau era stato un ebreo.           
Le linee produttive venivano organizzate per colonne in funzione del prodotto da ottenere e le materie prime per ring distinti per materie (acciaio, cromo, rame, etc.). In breve tempo scomparvero i rallentamenti dovuti a carenza di materie prime e si riorganizzarono i trasporti delle stesse e dei prodotto.    
Con quest razionalizzazione emerse in tutta la sua gravità la carenza di lavoratori.        
L’ultimo dell’anno del 1943 in una riunione con Fuhrer a la sua corte Speer, tabelle alla mano, spiegò che necessitavano 4 milioni di operai e propose di ridurre la produzioen dei beni di consumo e spostare le risorse umane liberate alla produzione di armi e munizioni.  
“Quattro milioni? Ci penso io!” disse Fritz Saukel responsabile dello sfruttamento dei prigionieri e dei Gastarbeiter. Da lì partirono massiccuamente le deportazioni.            
L’Italia, terra di forte emigrazione, aveva fornito negli anni precedenti un numero notevole di braccia, la seguente tabella ne dà conto

DAF

Agricoltura

Industria

Alberghi

Imprese

Edili

Totale

 

1938

6.024

31.071

37.095

1939

10.084

36.327

46.411

1940

49.184

49.535

98.719

1941

1942

53.381

30.488

174.052

41.478

1.130

391

8.187

228.563

80.544

Totale

16.108

200.451

265.065

1.521

8.187

491.332

Dopo l’8 settembre cessarono quasi completamente le migrazioni in Germania e chi c’era si trovò, sostanzialmente, nella condizione di prigioniero. Mentre prima una volta all’anno poteva tornare a casa dopo l’8 settembre questo gli fu interdetto, non solo, vennero bloccate le rimesse in denaro alle famiglie in Italia.     
La situazione delle retribuzioni non fu omogenea, sia per chi già c’era che, soprattutto per chi venne dopo. I volontari e deportati del 1944 sostanzialmente non ricevettero alcuna retribuzione: solo da mangiare e che si accontentassero.           
Relativamente all’Italia e agli italiani per prima cosa i tedeschi si rivolsero agli 800.000 prigionieri che avevano fatto dopo l’8 settembre, soprattutto nei Balcani. L’adesione non fu significativa anche perché prima della fine del 1943 avevano proposto l’arruolamento nella Repubblica Sociale. Non fu per antifascismo, ma per avversione alla guerra che pochissimi aderirono; e fu una scelta pagata cara dato che il 5% dei prigionieri morì di tifo e di fame.     
Dal marzo 1944, dopo il fallimento delle adesioni volontarie cominciarono le deportazioni. Sia i tedeschi che le organizzazioni del PNF aevano cercato di incentivare la migrazione volontaria di lavoratori, il manifesto che riproduciamo ne è un esempio.             
Putroppo per i tedeschi l’adesione volontaria fu quasi nulla, le stesse fonti della RSI ne spiegavano le ragioni: 
«Si rileva come il trattamento tedesco per i nostri operai non risponda esattamente a quello dei proclami e degli inviti disseminati in ogni via d'Italia. Dal viaggio in vagoni bestiame ermeticamente chiusi al durissimo lavoro di 12 ore giornaliere, al rancio niente affatto all'italiana e, per lavoratori dell'industria pesante, insufficiente, i nostri operai sono in uno stato veramente miserevole.             
Risentimento contro le nostre autorità civili le quali a tutto e a tutti promettono di provvedere: promesse che non hanno alcun esito e alcun effetto. In un campo-lavoro di 45.000 persone, in mezzo a uomini delle più svariate nazionalità, in un conglomerato dove si parlano 22 lingue, tutti sono concordi “nel disprezzare l'italiano” e non c'è nessuno che cerchi di attenuare o modificare questo stato di cose. I metodi tedeschi più inumani e più duri sono usati solo per i lavoratori italiani i quali in questo caso sono da tutti vilipesi, mancando quell'autorità ai nostri dirigenti consolari che dovrebbero far assolutamente cessare questa palese ingiustizia»
              
              
Soprattutto, però, vi era il timore di finire sotto le bombe degli alleati. Si sapeva che le fabbriche dove si andava a lavorare erano il bersaglio dei bombardamenti e, ogni tanto, una cartolina informava le famiglie che il tale era morto a seguito dei bombardamenti terroristici inglesi.
Le deportazioni cominciarono dai luoghi di lavoro dove, per i tedeschi, era più facile trovare gli operai di cui avevano bisogno. I vari comandi territoriali tedeschi si presentavano ai sindacati fascisti delle fabbriche e ingiungevano che entro 2 o tre giorni presentassero un elenco e le persone che dovevano andare in Germania.           
Fu questa la spinta decisiva, assieme ai bandi di leva della RSI, che spinse moltissimi giovani verso la montagna e le organizzazioni partigiane. Capirono che nascondersi era difficile e che vi erano molte più possibilità di salvarsi combattendo armi in pugno contro il violento occupante.             
La inaspettata e straordinaria risposta degli operai fu lo sciopero. Il PCI fece di tante istanze uno sciopero generale che coinvolse tutte le grandi fabbriche della pianura padana occupata. La risposta tedesca allo sciopero fu, in taluni casi, durissima. Alla Pellizzari di Arzignano vennero fucilati 5 operai accusati di aver organizzato lo sciopero.   
E’ qui il caso di fare una considerazione sul ruolo dei territoriali tedesci occupanti l’Italia del Nord. Non furono solo le SS o i soldati al fronte nelle immediate retrovie a attuare stragi, massacri e omicidi, furono altrettanto colpevoli le compagnie di territoriali ciascuna delle quali aveva una squadra i pronto intervento che attuava immediate rappresaglie come fu quella di Borga di Recoaro.          
In queste iniziali deportazioni i tedeschi richiesero anche personale femminile. Come detto in precedenza le donne della razza ariana non dovevano lavorare, ma le deportate si, e molto. Ma c’era un lavoro oscuro verso cui vi era il sospetto che le donne deportate potevano essere indirizzate: la prostituzione.           

bordelli militari tedeschi vennero creati dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale in gran parte dell'Europa occupata ad utilizzo dei soldati del Wehrmacht e delle SS. Questi bordelli erano generalmente delle nuove creazioni, ma nell'Ovest talvolta vennero utilizzate case di piacere già esistenti come altri edifici. Fino al 1942, vi erano circa 500 bordelli militari di questo tipo nell'Europa occupata dalla Germania. Spesso, operando in hotel confiscati e protetti dal Wehrmacht, queste strutture servivano i soldati in viaggio o ritirati dal fronte.[ Secondo la documentazione, almeno 34140 donne europee furono costrette a prostituirsi durante l'occupazione tedesca dei loro paesi insieme alle prigioniere femmine dei bordelli dei campi di concentramento. In molti casi, nell'Europa dell'est, le donne e le giovani ragazze venivano rapite nelle strade delle città occupate durante i roundup militari o polizieschi tedeschi chiamati łapanka o rafle  

Il Ministro degli esteri del Governo in esilio della Polonia rilasciò un documento il 3 maggio 1941 nel quale descriveva i rapimenti massivi attuati nelle città polacche allo scopo di catturare giovani donne per la schiavitù sessuale ai bordelli tramite i militari tedeschi. Inoltre, ragazze polacche di appena 15 anni venivano giudicate idonee alla schiavitù, portate in Germania e sfruttate dagli uomini tedeschi.
Il missionario della Croce Rossa Svizzera Franz Mawick nel 1942 scrisse da Varsavia di quello che vedeva: "Tedeschi in uniforme... hanno lo sguardo fisso su donne e giovani nelle età tra 15 e 25 anni. Un soldato tira fuori una torcia tascabile e la punta verso una delle donne, dritta negli occhi. Le due donne ci rivolgono visi pallidi, esprimendo stanchezza e rassegnazione. La prima è di circa 30 anni: 'Cosa sta cercando questa vecchia puttana qui?' - uno dei tre soldati ride. 'Pane, signore' chiede la donna... 'Un calcio in culo tu meriti, non il pane' - risponde il soldato. Il proprietario della torcia dirige nuovamente la luce sui loro corpi e sulle loro facce... La più giovane ha forse 15 anni... Le aprono il cappotto e iniziano a toccarla con le loro mani lussuriose. 'Questa è ideale per un letto' - dice."
Anche in Unione Sovietica, le ragazze erano rapite dalle forze tedesche; un rapporto del Tribunale Militare Internazionale afferma: "nella città di Smolensk il Commando Tedesco aprì un bordello per gli ufficiali in uno degli hotel in cui centinaia di ragazze e donne vennero portate; loro furono trascinate senza pietà per le strade tramite le loro braccia o i loro capelli.
Dopo la controffensiva tedesca dell'inverno del 41 redio Mosca diede notizia sia dei bordelli che dei rapimenti, con nome e cognome delle ragazze, ma fu solo dopo la fuga di alcune schiave da lupanare norvegesi che gli alleati vennero a sapere con certezza che giovani ragazze rapite erano costrette a prostituirsi con una media di 30 rapporti al giorno; ovviamente Radio Londra ne diede notizia.
In Francia la Wehrmacht stabilì un sistema burocratico di fondo di circa 100 nuovi bordelli già prima del 1942, basato su un pre-esistente sistema controllato dal governo - scrisse Inse Meinen. Ai soldati erano date carte per le visite rilasciate dall'Oberkommando des Heeres e fu proibito l'impegno nel contatto sessuale con altre donne francesi. Nel settembre 1941, Field Marshal Walter von Brauchitsch propose l'obbligo per i giovani soldati di recarsi a fare visite settimanalmente per prevenire "eccessi sessuali" tra di loro. Le prostitute avevano rapporti medici programmati per rallentare la diffusione di malattie veneree.
Chiaramente, seppure non vi era la certezza, il sospetto che il personale femminile da deportare in Germania fosse destinato alle case di piaciere in Russia, in Francia o nei Balcani fece insorgere tutti e fu una delle regioni degli scioperi del marzo 44.     

Le deportazioni non seguivano piani precisi come i rastrellamenti: arrivava l’ordine ai comandi tedeschi di zona e i territoriali prelevavano a caso le persone per strada, le caricavano prima sui camion, poi su carri bestiame sigillati che li portavano in Germania da dove sarebbero tornati, anche a piedi, nell’estate del 45 e da dove molti di loro non sarebbero più tornati.      
Alla fine della guerra gli alleati scoprirono che erano stati ben 17 milioni i deportati o imprigionati (i sopravvisstuti al piani di sterminio furono solo 7 milioni) ; paradossalmente questo orrore fu uno strumento di consenso verso il nazismo perché con la maggior parte degli uomini validi lontani al fronte la presenza di milioni di estranei all’interno delle citta e campagne tedesche rendeva le SS i cani da guardia della sicurezza dei tedeschi nella loro patria.   
I tedeschi crearono ben 42.000 campi di prigionia, non tutti sono stati campi di sterminio. Il termine Lager significa deposito e, sebbene comprenda anche orrori come Auschwitz e Mauthausen, nella maggior parte dei casi era una semplice area recintata con baracche il cui scopo era ospitare i lavoratori impegnati nella produzione. Ovviamente queste aree erano sorvegliate da guardie ermate e da queste non si poteva uscire.               
Ben prima della riunione del 31 dicembre l’alto gerarca Oswald Pohl (il 30 aprile 1942) ufficializza con una circolare il carattere produttivo dei campi, ribadendo che la manodopera può essere affittata alle industrie e che deve essere sfruttata senza limiti. Pohl propone le nuove direttive a Himmler, capo della polizia, il quale nel 1943, essendo ormai gran parte degli operai maschi al fronte, decide di attingere all’unica fonte cospicua e gratuita a sua disposizione, i prigionieri dei campi di concentramento; per loro varrà la regola dell’annientamento mediante il lavoro. I prigionieri rappresentano una fortuna insperata per gli strateghi nazisti: si tratta, è vero, di manodopera poco produttiva, ma facilmente sostituibile.    
L’orario è portato a 70 ore settimanali (dalla seconda metà del 44 anche per i tedeschi), nessuna paga e vitto assolutamenete insufficiente. In questo caso non si tratta di difficoltà a reperire gli alimenti come quelle che portarono a 600.000 morti per fame a Leningrado, ma strategia pianificata.
Per gli ebrei nella conferenza di Wannsee si valutarono i consumi calorici per lavori pesanti (in quel caso strade) e si pianificò una alimentazione che doveva portare in 4 mesi alla consunzione della persona      
Per o Gastarbeiter o i deportati non si arrivò a questo, ma i sopravvissuti tornarono nel 45 che pesavano attorno ai 40 kg.
Le industrie tedesche approffittarono senza alcuna pietà di questa manodopera gratis; in questo si distinsero la Siemens, la Volkswagen, la Knorr.            
Nel 1944 la Bmw impianta nel lager di Flossenbürg uno stabilimento sotterraneo ove si producono motori per mezzi corazzati; nello stesso periodo la filiale tedesca della Ford fa costruire ai detenuti alcuni camion all’interno del campo di Buchenwald.          
In breve tempo la produzione delle industrie ha un nuovo impulso e molte aziende, tra cui la Krupp che fabbrica armi, la Siemens e la Gustloff  stipulano contratti con le SS per utilizzare il lavoro dei detenuti. Alcune aziende come la  IG Farben, massimo cartello chimico del mondo che convertì la sua produzione di coloranti in quella di gas velenosi, farmaci, fertilizzanti e prodotti chimici per lo sforzo bellico, costruiscono delle “succursali” nei campi affinché la produzione venga monitorata dalle SS, altre chiedono un numero limitato di prigionieri da far lavorare fuori, nelle proprie fabbriche, e creano ad hoc dei campi minori per i propri lavoratori-detenuti. Fioriscono così centinaia di sotto-campi vicino ai luoghi di produzione e pian piano si crea una rete di vie di comunicazione atte al servizio dell’economia statale.     
La Daimler-Benz, famosa per la produzione della Mercedes, utilizza 80000 italiani ed altri prigionieri stranieri. La Siemens sfrutta il lavoro degli internati di Auschwitz, Ravensbrück, Flossenbürg, Mauthausen, per la produzione di trasmettitori e nel settore delle comunicazioni a distanza. L’esempio più eclatante è quello di Dora, un lager in cui i prigionieri lavorano alla costruzione dei missili V2, chiusi per mesi in gallerie altissime, umide e polverose.         
              
Riporteremo in un altro articolo come queste sfruttamento fino alla morte non abbia portato ad alcun giovamento per la produzione di armi