Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

Aldo dice 26 x 1

Come noto il comando militare alta Italia delle forze di liberazione diede l’ordine dell’isurrezione nazionale con il radiomessaggio attraverso Radio Londra “Aldo dice 26 x1” che significava insurrezione generale e attacco a tutti i fascisti e tedeschi il giorno 26 aprile alle ore 1.
Come ho in precedenza spiegato il domando della Garemi, pur avendo le missioni alleate che tenevano i contatti, non era a conoscenza ne’ delle forze che stavano convergendo sul vicentino, ne’ della distanza a cui si trovavano, ne’ dell’armamento che avevano.

Per dare un’idea di quanto la situazione fosse confusa il giorno 25 arrivarono, da tre strade diverse, a Verona Sud le avanguardie di tre divisioni alleate; una di queste (la 10 da montagna nota come gli alpini americani) arrivata ai magazzini generali son attaccò verso la città, ma si trincerò verso ovest combattendo per tutta la notte contro tedeschi che arrivavano dal Garda e da Mantova; nel frattempo i tedeschi in città facevano saltare tutti i ponti. Quel punto di resistenza poi nel diario della divisione divenne noto come Blody Corner (angolo insanguinato).

Alberto, Iura e Catone non potevano saperlo, ma il piano di insurrezione aveva avuto un immenso successo militare. A Milano, ad esempio, le pur deboli formazione di GAP e SAP si mossero formando un cerchio da cui pochi potevano fuggire e convergendo verso il cetro città in attesa dei partigiani di Moscatelli in arrivo dalla Valsesia.
In altri termini le centinaia di migliaia di tedeschi che potevano confluire verso il Veneto dal Nord Italia non poterono muoversi. Ma questo il comando della Garemi non poteva saperto.
Fedele alle direttive che erano state date dalle missioni alleate il comando della Garemi, per la Stella aveva dato l’ordine di occupare le strade e i passi montani. Così Iura e Catone avevano dato in precedenza la direttiva che, all’ordine di insurrezione, tutte le forze si portassero a Campodalbero.
Era però successa una cosa imprevedibile: i tedeschi erano scappati o stavano scappando.
Gli assassini che per mesi avevano terrorizzato la popolazione, torturato e ucciso i partigiani, alla chetichella, senza avvertire gli alleati fascisti avevano caricato armi e bagagli sui pochi camion che avevano e si erano velocemente diretti verso il trentino.
Relativamente alla zona della Stella questa fuga a sorpresa fu ostacolata solo a Staro dal battaglione Romeo.
Se le guarnigioni se l’erano squagliata non era venuta meno invece la minaccia dei soldati che si stavano ritirando dal fronte della Gotica e/o dalla SS dell’emilia e del Veneto. Di questi i paracadutisti erano la formazione più pericolosa. I resti di due divisioni che avevano passato nudi il Po si erano rivestiti e riarmati nei depositi a Nord del fiume e stracarichi di armi si dirigevano verso Schio dove vi era la loro scuola di addestramento. Verso Schio si stava dirigendo anche la guarnigione di paracadutisti di Boscochiesanuova e il centro di addestramento di Sirmione.
Tutti questi, assieme ai resti delle guarnigioni, marciavano di notte in piccoli gruppi della consistenza massima di un paio di compagnie, ma per strada raccoglievano altri sbandati formando dei kampfgruppe. Indubbiamente una volta arrivati a Schio sarebbero stati una formidabile formazione. I paracadutisti presi prigionieri dagli alleati a Caldonazzo furono più di 5000.
Ma di questa convergenza nessuno tra i partigiani era a conoscenza e la battaglia di Schio è un’altra storia.
Fatto è che i comandanti di battaglione partigiani si trovarono con i paesi all’inizio valli sostanzialmente indifesi; non attesero ordini ulteriori e li occuparono preparandosi allo scontro con i tedeschi in arrivo.
Nelle prossime pagine troverete quindi la frammentazione della battagia finale