Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

Il giorno 4 marzo la pattuglia di “Silvino” (Lorenzino Griffani) passò per Cereda di Cornedo per acquistare dei generi alimentari. Una donna, dopo averli visti, si precipitò a casa della famiglia Tonin e avvertì i tedeschi di Valdagno che circondarono il monte Verlaldo catturando la pattuglia presso la contrada Aspromonte.

Stante la precedente scomparsa del segretario del fascio di Altissimo i tedeschi decisero di impiccare i componenti della pattuglia nella piazza del paese. Per intercessione del clero la pena di morte venne commutata in deportazione nei campi di lavoro in Germania. Griffani venne mandato a Mauthausen e sopravvisse.

Indubbiamente l’episodio riguardava il battaglione “Danton”, ovvero gli ex di malga campetto.

Qui si inserì, prepotentemente e senza alcun accordo, un nuovo arrivato: il Marozin che aveva costituito una propria banda nel lato destro dell’alta val del Chiampo, questi il 12 marzo organizza una pattuglia con vesti tedesche che si reca a Cereda, sequestra i 7coniugi Guiotto (la signora ara la spia) e il loro figlio e si avviano per portarli a Bosco di Marana dove avevano un appuntamento con Pino che in quel momento comandava gli ex di Malga Campetto.

Per strada 7 degli otto componenti la pattuglia violentano la signora. Giunti nella contrà “Giro” di Cornedo il figlio della coppia riesce a fuggire.

Della pattuglia faceva parte “Ciccio”  de Momi che ritroveremo ucciso a dicembre nella rappresaglia di Piabona da quel Guiotto a cui il de Momi aveva violentato la madre.

E’ qui opportuno chiarire meglio i rapporti tra la banda Marozin e il Btg Danton.

Il Marozin aveva costituito una propria banda raccogliendo soprattutto alcuni veneziani e un paio di padovani. IL Marozin si era presentato a Pino con la pretesa di comandare tutta la formazione, non solo la propria banda, ma l’intero battaglione Danton. Come abbiamo visto il battaglione dipendeva per la logistica e le armi dal CLN e nel CLN dal PCI. Logicamente Pino si oppose alla pretesa e propose al Marozin di incontrarsi con il CLN; la risposta del Marozin fu mettere tutti di fronte al fatto compiuto.

Riportiamo, in corsivo,  quanto scrisse Pino in un rapporto al CLN

”Il 12 aprile all'arrivo di “Pino”, il “Tenente” si presenta come comandante del gruppo. Questa presentazione lo ha alquanto sorpreso. Capii trattarsi di un uomo ambizioso che aspirava ad un posto di comando.

Si é potuto constatare nello stesso tempo che costui era anche mal intenzionato nei riguardi della nostra organizzazione (Com. d.L.N.) alla quale dipendeva la nostra formazione militare.

Malgrado queste sue incomprensioni, anzi di questa ostilità, abbiamo tentato, per il bene della causa comune, di raggiungere un accordo con condizioni onorevoli da ambo le parti. Il comandante “Pino” accoglieva nel suo battaglione tutti gli uomini arruolati dal “Tenente”. Non accettava il “Tenente” come loro comandante perché non lo conosceva, e perché il “Tenente” ripetutamente e ostinatamente negava l'esistenza, l'importanza e l'opera dell'organizzazione da cui dipendiamo.

Il comandante “Pino” proponeva inoltre di mettere il “Tenente” a contatto con gli elementi responsabili che lo potessero sfruttare sul campo militare o politico a seconda delle capacità di detto “Tenente”, dicendosi ben lieto di accettarlo un giorno anche come proprio comandante, qualora il Comitato lo avesse riconosciuto e garantito.

Sembrava raggiunto un accordo, il “Tenente” chiese un po' di tempo per prendere una decisione. Qualche ora dopo il colloquio arrivano degli uomini, reclutati giorni prima dal “Tenente” con due spie da Cereda, Pino prende parte al processo, nel momento stesso viene a sapere che gli uomini addetti a questa missione si erano soddisfatti seducendo la spia.
A questo grave inconveniente Pino fa osservare al “Tenente” e ai suoi uomini in modo piuttosto energico e risentito, la bassezza dell'atto compiuto. Questo inconveniente servì per aumentare il disaccordo e dare origine ad un po' di attrito. Per la serata si era stabilita una riunione; Pino avrebbe loro parlato della nostra organizzazione militare e morale e spiegate le cause per cui le due pattuglie erano state isolate ed esposti gli sforzi fatti per riallacciare questi contatti.
In serata “Pino” si allontana per un'ora per altri affari; quando torna trova il “Tenente” con tutti gli uomini già radunati. Il “Tenente” aveva già loro parlato promettendo una migliore ed indipendente organizzazione. Diceva che i Comitati li avrebbe creati lui ed avrebbero servito agli uomini sulla montagna solo per fornire loro mezzi finanziari.
Il Comando militare in città era composto da bellimbusti, dediti alla vita comoda e facile e che solo a tempo perso e per diversivo s'interessavano di chi combatteva. Una prova di questo, secondo lui, era l'isolamento delle due squadre.
Quando entra “Pino” l'ambiente é già ostile. L'inizio del discorso é ascoltato con mormorii ed interruzioni; e quando il “Tenente” intuisce l'importanza e la veridicità di quanto “Pino” stava per dire, interrompe definitivamente il discorso, anzi ordina di non più parlare e fu così che con una damigiana di vino nel centro ebbe origine il Battaglione “Danton”.
Gli augurarono salute e fortuna. Sembrava di essere non fra patrioti con un'ideale e una fede, ma fra una ciurma di pirati ed alcolizzati.     
“Pino” chiede la parola per l'ultima volta e domanda chi intende seguirlo per far parte ad una sana e legale organizzazione.
A questa proposta sei vecchi garibaldini ritornano con il loro comandante: Dante, Greco, Cirillo, Guido, Ruggero e uno studente universitario.     
Fatta questa scissione il “Tenente” e i suoi accoliti coprono d'invettive i garibaldini sopracitati, aggiungendo che non sarebbero partiti con le armi, perché queste, secondo loro, appartenevano al Battaglione “Danton”. “Pino” cerca ancora di rappacificare gli animi; i sei garibaldini sarebbero ripartiti con le loro armi, le altre sarebbero rimaste a disposizione del “Tenente”.
     

Si consideri che la testimonianza qui riportata fu scritta, come si direbbe in un verbale dei carabinieri, nell'immediatezza dei fatti. 
A distanza di decenni sorprende la delicatezza "si sono soddisfatti seducendo la signora" con cui il Lampioni descrive il turpe episodio
Le due spie vennero poi uccise e  sepolte in un bosco ed esumate dopo la guerra.      
non attiene alla storia che stiamo scrivendo quella della banda Marozi, poi diventata divisione Pasubio, ma è subito chiara la concezione che il Marozin ha della lotta armata:

Formare una banda non dipendente ne’ gerarchicamente, ne’ logisticamente dal comando militare e dal CLN; una banda che si finanziava con le estorsioni e le rapine dove l’impunità (compresa quella degli stupri alle donne) era premio all’appartenenza alla banda

Nelle immagini Lorenzino Griffani e Clemente Lampioni