Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

17 agosto 1944: Caserma di Chiesanuova (Pd) e Via S. Lucia a Padova.

Le vittime:

Luigi Pierobon “Dante” di Giuseppe e Maria Simoni, cl.22, da Cittadella (Pd), iscritto alla facoltà di Lettere di Padova e molto impegnato nella FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana). Dopo l’8 settembre e l’appello del rettore Concetto Marchesi, si porta a Contrà Zordani nel Comune di Crespadoro, Alta Valle del Chiampo e si unisce al costituendo Btg. “Danton”, ma lo spirito autoritario del comandante “Vero” lo induce a trasferirsi nel Gruppo di Malga Campetto, che è accantonata nelle Contrà Marchi e Caile, a sud di Recoaro.

Quando “Pino” è ferito, nella metà di marzo del ’44, “Dante” lo sostituisce nel comando; quel gruppetto, ingrandendosi, diventa il Btg. e in seguito la Brigata “Stella”.

Dopo la grande impresa del disarmo della marina di Montecchio Dante e Pino decicono, per ragioni diverse, di recarsi a Padova. Pino vuole serrare i contatti  con la pattuglia di “Cita” che ha mandato ad operare nel basso padovano e che ormai ha intessuto una buona rete logistica, Dante per operare un altro “colpo grosso” presso un deposito collocato tra Vicenza e Padova per il quale pensano di coinvolgere anche i partigiani padovani.

Nel viaggio a Padova Dante probilmente prende contatto con conoscenti o antifascisti sorvegliati e Il 14 agosto ’44 è catturato a Padova.

I tedeschi non hanno la minima idea di aver catturato l’autore del colpo alla marina, viene messo con gli altri ostaggi  e tre giorni dopo fucilato presso la Caserma di Chiesanuova (Pd).

Ci penseranno i compagni combattenti a far capire chi era assegnand il suo nome alla Brigata garibaldina “Pierobon” che combatte nel padovano; oggi, la Caserma dove fu seviziato e una scuola secondaria di Cittadella, e un’aula universitaria al Bo, portano il suo nome. “Dante” è insignito di laurea honoris causa e di Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Clemente Lampioni “Pino”, cl.04, da Legnaro (Pd); già componente la “Banda Bedin” è condannato nel 1940 a 21 anni di carcere. Nel ’42-’43 durante i bombardamenti Alleati si offre volontario per disinnescare bombe inesplose. Nella primavera del ’43 il carcere di Ancona viene pesantemente bombardato, e dopo che per due giorni si è prodigato per assistere le decine di feriti, su consiglio del cappellano del carcere, evade e torna a Padova a piedi. Da subito entra in contatto con i dirigenti comunisti che stanno organizzando la Resistenza, ed è tra i primi a salire a Malga Campetto per dar vita al battaglione Danton che poi diventerà la XXX brigata Garibaldi “Garemi”. Diventa poi commissario politico della Brigata “Stella”, il 14 agosto ’44 è catturato a Padova, e tre giorni dopo impiccato in via S. Lucia.

Anche nel suo caso, come per Pierobon, i tedeschi non sanno chi hanno catturato, pensano anzi a un deliquente comune, per quanto schierato con gli antifascisti.

Porta il suo nome di battaglia la Brigata garibaldina “Pino”, che combatte nel lato occidentale dell’Altopiano dei 7 Comuni.

 

I fatti:

 

Con il pretesto dell'uccisione del ten. colonnello repubblichino Bartolomeo Fronteddu, che è invece frutto di una vendetta per motivi personali maturata in ambito nazi-fascista, sono fucilati presso la Caserma di Chiesanuova (Pd) 7 patrioti veneti (Luigi Pierobon “Dante”, Primo Barbiero, Pasquale Muolo, Cataldo Presicci, Antonio Franzolin, Ferruccio Spigolon, Saturno Bandini), e in Via Santa Lucia a Padova ne vengono impiccati altri 3 (dott. Flavio Busonera, Ettore Calderoni e Clemente Lampioni “Pino”).

Il giorno prima delle esecuzioni è stato ucciso il Fronteddu, assassinato da un gruppo di 7 sicari, come lui fascisti, ricompensati per l’esecuzione con 50.000 lire da un sergente della Wermacht, che si è invaghito dell’amante tedesca del Fronteddu.

I sicari vengono identificati prima dell’esecuzione, ma malgrado ciò i fascisti, d’accordo con i nazisti, decidono di cogliere l’occasione per seminare il terrore e colpire la Resistenza Veneta: alle ore 16:00 impiccano 3 patrioti in via S. Lucia e alle ore 18:00 fucilano gli altri 7.

Il 14 settembre ‘44, meno di un mese dopo le 10 esecuzioni, presso l’aula della Corte d’Assise di Padova, il Tribunale militare regionale di guerra processa tre degli effettivi esecutori dell’assassinio del Fronteddu (Alfredo Calore, Giorgio Fai e Agostino Gagliardo), pronunciando tre condanne a morte eseguite per fucilazione il 17 settembre ‘44.

Nell’immgine l’impiccagione di Lampioni, Busonera e Calderoni

 

L’allontanamento contemporaneo di Pino e Dante fu un grave errore perché lasciò la Stella senza comandanti esperti in un momento in cui stava per scatenarsi l’offensiva antipartigiana in Lessinia. Per fortuna della formazione esistevano dirigenti che si assunsero immediatamente le responsbilità di comando evitando gli sbandamenti; in particolare  Rigodanzo (Catone) e Ongaro (Ursus).