Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

Il capitano fascista Giovan Battista Polga era comandante del reparto di Polizia ausiliaria in forza alla Questura di Vicenza. Era noto per il suo fanatismo, per aver diretto molte operazioni di rastrellamento contro i “ribelli” e per essersi reso responsabile di varie esecuzioni, anche di civili.
Ma aveva anche messo in piedi una vera e propria banda (vedasi La banda del capitano Polga ). Per questo scopo il C.L.N. e le forze del C.M.P. (Comando Militare Provinciale) di Vicenza, agendo in stretta collaborazione, costituirono un gruppo di azione “anti-Polga” che comprendeva il Prof. Giustino Nicoletti insegnante di lettere all’I.T.C. (Istituto Tecnico Commerciale), Carlo Segato “Marco-Vincenzo” Commissario della Divisione partigiana Vicenza, il Dr. Folieri Commissario aggiunto alla Questura di Vicenza, e altri tre agenti ausiliari in forza alla Questura di Vicenza: Ottorino Bertacche, Raffaele Dal Cengio e un certo Dalla Pria. Questo gruppo riuscì a individuare i componenti la banda, che furono denunciati, processati e condannati, alcuni alla pena capitale.
Il giorno 27 novembre 1944, il Dr. Follieri della Questura, con la collaborazione del partigiano infiltrato Ottorino Bertacche, trovandosi nelle circostanze favorevoli, poté prendere visione del “programma di lavoro” del Polga per il giorno successivo.
Emergevano due appuntamenti: uno veloce e “di passaggio” con il segretario politico repubblichino di Malo e l’altro con il famigerato capitano della Brigata Nera di Valdagno Emilio Tomasi. Tutto nella stessa mattina del giorno 28. Il Dr. Follieri e il Bertacche pensarono che quella era l’occasione giusta per dare esecuzione alla condanna a morte inflitta dal C.L.N. di Vicenza nei riguardi del capitano Polga, perché egli sarebbe transitato per l’unica via percorribile, la Priabonese, e lo avrebbe fatto entro la mattinata. Si consultarono quindi con il Prof. Nicoletti e decisero di promuovere l’azione che sarebbe stata organizzata dal commissario partigiano Carlo Segato.
Bertacche raggiunse Segato a Tavernelle e gli fornì tutte le informazioni atte ad organizzare l’azione, quali il tipo di automezzo (Volkswagen), il suo colore, la targa e, cosa più importante, l’orario degli appuntamenti. Segato riunì subito il comando del settore e, constatando le difficoltà tecnico-logistiche di un intervento a partire da Tavernelle, decise di appoggiarsi attraverso Antonio Finato di Montecchio Maggiore, presente alla riunione, ad un partigiano che costui conosceva, Lusco Augusto “Gatto” dislocato sulle colline di S. Lorenzo non lontane da Priabona. Il Finato si recò quindi a S. Lorenzo ed incontrò “Gatto” a cui diede tutte le informazioni del caso, indicandogli il posto in cui a mezzogiorno del giorno successivo avrebbe incontrato il commissario Segato, per la consegna di eventuale materiale recuperato nell’agguato.
Il giorno successivo, martedì 28 novembre 1944, “Gatto” e i suoi compagni scesero da S.Lorenzo, passarono davanti al cimitero e si appostarono nel bosco in località Ronare, un punto ove la strada, più tortuosa dell’attuale, costeggiava la gola del torrente Poscola, lontano dalle case per evitare successive e prevedibili rappresaglie. Quella pattuglia era comandata da “Russo” (Ceolato Francesco). Oltre a “Gatto” ne facevano parte anche “Rondine” (Oliviero Mariano), “Sardo” (Magrin Ermanno), “Bastardo” (Zordan Severino), “Valanga” (Porra Antonio) e “Flop” (Fattori Innocente).
Verso le ore 11 arrivo la “camionetta” Volkswagen e uno dei partigiani vi lanciò contro una bomba Sipe ananas. La macchina “si è intorcolata” e i partigiani le spararono contro una sventagliata di mitra.
Uscirono dal bosco e si avvicinarono alla macchina. Riconosciuto, il capitano Polga fu finito da un’altra scarica di mitra sparata dal comandante “Russo” (secondo un’altra versione, a uccidere Polga fu lo stesso “Gatto”). Gli altri tre occupanti rimasero feriti; erano il brigadiere ausiliario Nicola Valentino e gli agenti, pure ausiliari, Alessandro Govo e Giordano Dall’Armellina. Il più grave «era l’autista che – come testimoniò in seguito il partigiano “Flop” – prese un colpo alla schiena, [e] ci implorò di non essere ucciso perché a casa aveva famiglia. Intanto arrivò un contadino con un carretto con della legna, abbiamo caricato il ferito dicendo al contadino di portarlo giù all’ospedale di Malo; credo si sia salvato.»

Secondo la versione data dal comandante partigiano “Tar” (Manea Ferruccio), che operava in quella zona, dopo l’agguato sopraggiunse da Priabona un camion di laterizi che proveniva dal “fornason” di S.Vito di Leguzzano; i partigiani vi caricarono tutti e tre i feriti perché fossero trasportati all’ospedale di Montecchio Maggiore.
Comunque fossero andate le cose, il fatto certo è che nell’agguato rimase ucciso il solo capitano Polga.
I partigiani recuperarono una borsa di pelle contenente alcune cartelle e documentazione varia, che “Gatto” consegnò a mezzogiorno al commissario Segato nel luogo convenuto. Questi la portò a Tavernelle, dove in serata arrivò Raffaele Dal Cengio il quale constatò che si trattava «di materiale di routine, già visto, letto e valutato ancora prima della spedizione del Polga verso Malo e Valdagno. Pensammo – dice Segato in una testimonianza da lui scritta nel 2001 – di conservare il tutto come cimelio di guerra, quindi, affidata la borsa a “Piero”, pregammo quest’ultimo di sotterrarla dove meglio credesse e così fu fatto. Salvo informazioni diverse… detta borsa è ancora sottoterra a Tavernelle.»

IL FATTO

Quell’azione partigiana suscitò grande scalpore in tutta la provincia.
La vendetta dei fascisti fu rabbiosa.

  1.  Primo Benetti “Ceo” di Giovanni, cl.22, da Recoaro Terme, bracciante agricolo, partigiano già del Gruppo di Malga Campetto, poi della Brigata “Stella”; catturato da un reparto del CST in zona Recoaro il giorno precedente, è trucidato in località Ronare di Priabona (Monte di Malo), l’1.12.44.
  2. Giovanni Cattelan “Spavento” di Augusto, cl.23, da Costabissara, bracciante agricolo, partigiano del Btg. “Ismene”, Brigata “Pasubiana”; trucidato in località Ronare di Priabona (Monte di Malo), l’1.12.44.
  3. Rino De Momi “Ciccio” di Bruno, cl.23, da Padova, studente universitario, partigiano già del Gruppo di Malga Campetto e della Div. “Pasubio” dove ha rivestito incarichi di prestigio e responsabilità; trucidato in località Ronare di Priabona (Monte di Malo), l’1.12.44..
  4. Domenico Peruffo “Tabul” di Pietro, cl.19, da S. Benedetto di Trissinio, contadino, partigiano della Brigata “Stella”; trucidato in località Ronare di Priabona (Monte di Malo), l’1.12.44.
  5. Francesco Gasparotto “Furia”, comandante del Btg. “Cocco”, Brigata “Stella”; ucciso in combattimento assieme a “Spivak” in località Calcara, tra Priabona e Monte di Malo, l’1.12.44.
  6. Armando Frigo “Spivak” di Umberto, cl.20, da Schio, commissario politico del Btg. “Cocco”, Brigata “Stella”; ucciso in combattimento assieme a “Furia” in località Calcara, tra Priabona e Monte di Malo, l’1.12.44.
  7. Domenico De Vicari “Vass” di Bortolo, cl.23, da Malo; partigiano del Btg. “Ismene”, Brigata “Pasubiana”; torturato e impiccato il 2 dicembre in Piazza Vecchia di Malo, è lasciato appeso tutta domenica 3.
  8. Luigi Pamato “Bill”, da Malo; partigiano del Btg. “Ismene”, Brigata “Pasubiana”; ucciso in combattimento assieme a “Cesare” in località Sogli di Monte di Malo, l’1.12.44.
  9. Mario Guzzon “Cesare”, da Bagnoli (Pd); partigiano del Btg. “Ismene”, Brigata “Pasubiana”; ucciso in combattimento assieme a “Bill” in località Sogli di Monte di Malo, l’1.12.44.
L’1 dicembre ‘44, in un’area che va da Contrà Manfron di Torrebelvicino e Raga di Magrè, sino a Ignago di Isola Vicentina, compreso il territorio di Novale di Valdagno, Monte Magrè, S. Vito di Leguzzano, Cereda, Castelgomberto, Priabona, Monte di Malo, Malo e S. Tomio, Val di Piazzon, Torreselle, Isola Vicentina, Ignago, centinaia di nazi-fascisti compiono un vasto e spietato rastrellamento di rappresaglia.
Senza attendere l’esito dell’azione di “bonifica”, gli agenti della “Squadra Politica” della Polizia Ausiliaria, Paolo Antonio Mentegazzi del Btg. ”OP” della GNR, e Renato Longoni della brigata nera, decidono di fare subito una prima rappresaglia in località Ronare di Priabona, nello stesso luogo dove quattro giorni prima è stata eseguita la condanna a morte di Gianbattista Polga, comandante della compagnia e della “squadra politica” della polizia repubblichina presso la Questura di Vicenza. Sono così prelevati dalle carceri presso il Comando provinciale della GNR, in Contrà S. Michele a Vicenza, cinque giovani partigiani (Primo Benetti, Giovanni Cattelan, Rino De Momi, Domenico Peruffo “Tabul”, Giuseppe Sartori), che pur non centrando niente con la morte di Polga, sono portati a Priabona di Monte di Malo.
Prima delle esecuzioni gli agenti della “Squadra Politica” della Questura vanno a prendere anche il parroco, don Alessandro Baccega, per l'assistenza spirituale ai condannati già brutalmente torturati e seviziati;
don Alessandro riceve la loro ultima «confessione» e amministra loro l’«estrema unzione»: gli ammazzarono uno per volta, con crudeltà, tanto che lo stesso don Alessandro, non sopportando quell’inumana procedura si mise a urlare chiedendo la fine di quel supplizio, favorendo così la salvezza di Giuseppe Sartori (di Igino e Teresa Frighetto, cl.25, da Vicenza), che è risparmiato.
Secondo quanto riportato da don Alessandro, Primo Benetti poco prima della sua uccisione gli disse: “Sabato dovevo sposarmi, dica alla mia fidanzata di mettere la vera. Zaira, metti la vera”.
È ordinato che i cadaveri rimangano sul luogo della fucilazione per almeno 24 ore.

Durante il rastrellamento, che dura tre giorni e dove sono utilizzate truppe “russe”, “indiane”, tedesche e repubblichine, sono catturati e uccisi altri 5 partigiani (Francesco Gasparotto “Furia”, Armando Frigo “Spivak”, Domenico De Vicari “Vass”, Luigi Pamato “Bill” e Mario Guzzon “Cesare”).
Durante questo rastrellamento la staffetta Teresa Peghin (Wally) in possesso di fondamentali informazioni riescuna calza e a staccarsi da Furia e rifugiattasi in una stalla si mette a sferuzzare una calza sfuggendo così alla perquisizione della stalla.
Sono arrestati per favoreggiamento 17 persone e fermate alcune centinaia (50 ancora sotto interrogatorio l’8 dicembre), tra cui Antonio Manea, fratello di “Tar”, Angelo Bertoldo del Btg. Territoriale “C. Battisti” e il comandante di un Distaccamento del Btg. “Ismene”, Mario Caneva “Tempesta”, poi inviati in Germania con altri.
Nel frattempo, la popolazione subisce ingenti saccheggi e distruzioni.
In Contrà Manfron di Torrebelvicino, le brigate nere saccheggiano le abitazioni di Giovanni Manfron di Massimigliano e Antonia Scapin, cl. 1899, e di Rosa Manfron di Francesco e Dusolina Manfron, cl. 01; in Val di Sacco a Pieve di Torrebelvicino, saccheggio repubblichino all’abitazione di Maria Boschetti di Luigi.
In Contrà Raga Alta di Monte Magrè, è data alle fiamme l’abitazione di Giuseppe Barbieri di Pietro.
A Priabona, la BN saccheggia e dà alle fiamme il fabbricato rurale, con abitazione e stalla, di Antonio Dal Pozzolo di Vittore e Rosa Marchioro, cl. 1894.
Tutta Contrà Maccari di Monte di Malo è data alle fiamme utilizzando bombe incendiarie: il sottotenente Crescenzio Siena della GNR di Malo, “fu pure scorto appiccare, con bombe incendiarie, il fuoco che distrusse contrà Maccari”.
In Contrà Civillina di Recoaro Terme è incendiata e saccheggiata l'abitazione di Luigina Carla Petranzan di Francesco e in Contrà Bernardi di Novale – Valdagno le BN danno alle fiamme le case rurali del dott. Alessandro Dalle Ore, Giuseppe, Mario e Pietro Bernardi di Bortolo, dott. Andrea Letter di Carlo, Bortolo Bernardi di Francesco, Egidio Nardon di Luigi e di Bortolo Rossato di Gio Batta.
A Monte di Malo la BN saccheggia le abitazioni di Alberino Cocco di Giuseppe e Caterina Zattra, cl. 1892, di Margherita Zattra di Giuseppe e Giacoma Stefani, cl. 1900, di Bortolo Smiderle di Giovanni, di Silvio Mondin di Giuseppe e l’officina meccanica e l’abitazione di Leone Lionzo di Carlo; in Piazza, l’abitazione di Luigi Malucello di Santo; in Contrà Cason di Sopra, Faedo a Monte di Malo, è saccheggiata la casa di Giacomo Casara di Angelo.
In Contrà Cerasara di Monte di Malo, è saccheggiata e data alle fiamme l’abitazione rurale, con stalla e fienile di Bortolo Riccardo Sella di Francesco e la stalla con fienile di Giuseppe Bortolo Sella di Giuseppe Francesco e Chiara Zanresse; in loc. Soglio di Monte di Malo, è dato alle fiamme fabbricato rurale (stalla e fienile) di Antonio Mondin di Gio Batta; in loc. Lambre di Monte di Malo, distrutti 20 q di fieno proprietà di Giuseppe Mondin di Francesco “Barchetta”; in Via Riva Mondini di Monte di Malo; è dato alle fiamme fabbricato rurale (cantina, cucina, camera e granaio) di Fortunato Sella di Paolo.
A Priabona di Malo, è saccheggiata da truppe nazi-fasciste e “russe” l’abitazione di Stella Marchioro di Antinio.
A S. Tomio di Malo sono saccheggiate dagli “indiani” le abitazioni di Felice Bortolotto di Giuseppe, Giuseppe Sbalchiero di Antonio, Bortolo Crestani di Gio Batta, Agnese Piazza di Antonio, Attilio Luccarda di Celestino, Francesco Dalle Rive di Antonio e di Antonio Crestani di Antonio.
A Malo, è saccheggiata la casa rurale di Pietro Marchioro di Antonio, in Via Ponte Vecchio di Malo l’abitazione dei fratelli Anzolin di Bortolo. In Via Montepian di Malo sono saccheggiate e date alle fiamme le abitazioni con nessi stalla e fienile di Giovanni Coriele di Luigi, di Virgilio, Domenico, Giuseppe, Attilio, Rosa, Antonio e Maria Coriele di Giuseppe, e di Angelo Valpiana di Gio Batta. In Via Castello di Malo, è saccheggiata l’abitazione di Pellegrino Tagliapietra di Davide.
In Vallugana di Malo, i “russi” dell’Ost-Bataillon 236, pernottano a spese della popolazione, tentano violenze sessuali e saccheggiano le case di Gio Batta Crestani di Bortolo, Augusto Grendene di Pietro, Rosa Peruzzo di Luigi, Michelangelo Carli di Antonio; Rinaldo Marcante di Orlando; Rosa Meneghello di Lorenzo ved. Grendene, e di Pietro Peruzzo di Luigi.
A Isola Vicentina è saccheggiata dalla BN l’abitazione di Fiorindo Zordan di Giovanni.
A Toreselle di Isola Vicentina, sono saccheggiati e incendiati i fabbricati rurali siti in Via Carrioli e proprietà di Angelo e Giuseppe Simioni di Francesco, e di Fiorindo Sassoriva di Gio Batta e Maria Busato, cl. 02.
In Val Piazzon, loc Le Cariole, è data alle fiamme la stalla di Rosimbo Piazzon di Giuseppe.
Nella zona di Castelgomberto, non si ebbero a lamentarsi vittime, furono però commesse vere depredazioni e ruberie ai danni della popolazione.
Tra il 7 e 8 dicembre si scatena un secondo rastrellamento tra Monte di Malo e Monte di Magrè, quasi pari al primo, e gestito dall’Ost-Bataillon 263, tedeschi e 950° Indisches Infanterie Regiment, 9^ Compagnia.
Tra l’altro a Monte di Malo, è saccheggiato il fabbricato rurale di Bortolo Smiderle di Giovanni; in Via Monte Grande di Monte di Malo, è data alle fiamme la stalla di Riccardo Mondin di Giovanni; in Contrà Scola di Monte di Magrè, è saccheggiata l’abitazione di Bortolo Bonollo di Ulderico.
Dopo l’ondata di rastrellamenti, a qualche giorno di distanza, si diffonde anche la notizia della morte del comandante partigiano “Tar”, confermata poi a fine mese da una comunicazione di Giuseppe De Guglielmi “Chiodi”, vice comandante del Btg. “Ismene” e braccio destro del “Tar”.
Fortunatamente così non è, Ferruccio Manea “Tar”, ricercato dai fascisti come nemico numero uno, e condannato a morte dal CLN di Malo perché politicamente scomodo e soprattutto intenzionato a voler chiarire alcune loro operazioni, decide di attuare uno stratagemma che gli permetta di continuare indisturbato la lotta, fa quindi diffondere la falsa notizia della sua morte. “Resusciterà” nel marzo ’45.
La Memoria:
In località Ronare di Priabona, una Lapide eretta sul luogo dell’uccisione reca i nomi dei partigiani, corredati di foto e sotto la scritta “Brigata Stella / qui furono fucilati per / rappresaglia nazi fascista / il 1 – 12 – 1944”; è firmata “i compagni”.
I nazi-fascisti coinvolti:
- 950° Indisches Infanterie Regiment - Freides Indian Legion - Indisches Freiwilligen Legion Waffen-SS - Legione “India Libera” – “Azad Hind”, 9^ Compagnia.
- Ost-Bataillon 263. - 263° Btg. Orientale;
- SS-Wehrgeologen Btl (mot) 500 - 500° Battaglione genio fortificazioni – SS
- Reparti della Feldgendarmerie.
- Unità della Luftwaffe.
- 22^ BN “Faggion” di Vicenza (compagnie di Schio, Valdagno e Vicenza; Sq. d'Az. Malo).
- Renato Longoni e altri
- 2^ Compagnia della 29^ BN “Muti” di Ravenna.
- Presidi della GNR e PS di Valdagno (35 uomini).
- Ferdinando Gentile e Zerbato della GNR, Giovanni Battista Marin e Silvio Rosellini della Polizia, e altri
- Btg. “Ordine Pubblico” della GNR di Vicenza.
- Paolo Antonio Mentegazzi e altri.
- Distaccamento della GNR di Malo;
- Crescenzio Siena e altri.
- “Plotone Arditi”, la “Squadra Politica” della Polizia Ausiliaria Repubblicana (PAR) di Vicenza.
- Vittorio Asaro, Beppino Rizzi, Aurelio Schlemba, Giovanni e Giuseppe Biscotto, Walter Boschetti, Gianni Gazzani, Danilo Guiotto, Giovanni Polazzo, Luigi Prospero, Severino Roso e altri.
 
 
 
 
 

Il luogo dell'agguato