Brigata Nino Stella

Eroi della resistenza nel vicentino

Nel 1944 solo pochi fanatici, spesso pazzi potevano pensare che la Germania potesse vincere la guerra, ovviamente la RSI sarebbe andata appresso.
Quelli irrimediabilmente copromessi con il fascismo cercarono di costruirsi un futuro nei seguenti modi:

  • Una ricchezza che permettesse, finita la guerra di vivere una vita agiata e perbene, per questo le ricchezze degli ebrei erano un buon bottino, ma le casse delle varie polizie non lo erano da meno
  • Qualche benemerenza per aver salvato qualche antifascista
  • Materiale di ricatto: documenti e conoscenze i fatti o persone.

A Valdagno venne trasportato tutto l'archivio dell'OVRA (Organizzazione Vigilanza Repressione antifascista); 40 tonnellate di documenti con migliaia e migliaia di schede di denunciati e perseguitati. Il Direttore dell'OVRA, tal Leto, si affrettò ad avvisare gli alleati affinchè venissero a prenderlo; se ne riservò una parte clhe passò a qualche formazione antifascista, in particolare al PSI, fatto è che gran parte delle schede finì all'archivio di Stato, ma scomparvero i nomi dei delatori e dei confidenti che avevavo denunciato le persone che poi finirono in galera o al confino. Ma i nomi di questi delatori (o peggio, corrotti perchè a libro paga) non erano stati distrutti o cancellati. Erano il prezioso tesoro che Leto, e chi venne dopo, usarono per quelli che venneri chiamati servizi deviati.

Ma non era solo l'archivio dell'OVRA; fascisti e tedeschi costruivano complicità con metodi mafiosi: chi uccise il prete di S.Pietro Mussolino (don Luigi Bevilacqua) era vestito da tedesco, ma parlava in dialetto veneto. I partecipanti al rastrellamento di Monteforte d'Alpone, compresi gli assassini, erano vestiti da tedeschi, ma erano italiani. Il metodo era quello poi usato dalla mafia: far partecipare una o più persone ad un assassinio o a una strage ed essere i soli a conoscere nomi e fatti. Queste persone sono state poi la manovalanza ricattata fino alle stragi terroristiche degli anni 70.

Menti raffinate poi misero su un sistema che doveva sporcare la resistenza: semplificando: si arrestava una persona che si sapeva vagamente antifascista, la si torturava un po', poi si lasciava cadere l'informazione che a denunciarla era stato XXX e si faceva uscire l'informazione falsa. A questo punto i partigiani dovevno liquidare la spia. Delle due l'una: o avevano posto XXX in uno stato di sfiducia da parte dei partigiani o avevano fatto uccidere un innocente e in questo modo i partigiani diventavano assassini.

A Quirino Traforti, fucilato a 17 anni e sopravvissuto, dissero che sua zia, di famiglia antifascista, era una spia; Quirino con increadibile prontezza e sangue freddo disse che se gli dimostravano che era una spia ci avrebbe pensato lui a liquidarla. Ma non tutti avevano la prontezza e il sangue freddo del Traforti.

In Piemonte il comandate Barbato capì che rischiavano di devastare il movimento partigiano con l'arma del sospetto e delle esecuzioni di innocenti e fece due atti che fermarono l'operazione delle raffinate intelligenze:

  1. Nominò un controspionaggio nella direzione di Luraghi, ex ufficiale degli alpini e poi storico internazionale, con pieni poteri di indagine
  2. Proibì qualsiassi esecuzione di spie da peate delle bande e delle pattuglie se prima non era stata giudicata dal suddetto controspionaggio

E per la Stella?
Paradossalmente salvò questo aspetto della situazione la famigerata Katia; con questa tragica figura passata dai partigiani ai fascisti era chiaramente identificata (anche perchè se ne faceva vanto) la spia, talchè l'operazione di infangamento dei combattenti difficilmente poteva avere successo.
Tuttavia la Katia ebbe un ruolo gravissimo nell'arresto e nelle tortura di decine di staffette e di partigiani